In un futuro non troppo lontano, l’umanità cammina accanto a robot di nuova generazione, androidi di aspetto umano con doti eccezionali. Tra loro c’è David, 11 anni, capelli scuri, capace di provare un amore incondizionato per i suoi genitori. In poche parole una meraviglia (o un’aberrazione) della cibernetica. David viene adottato da una coppia costretta ad ibernare il proprio figlio “in carne e ossa” affetto da una malattia al momento incurabile. Ma quando il ragazzo, miracolosamente, guarisce, David viene abbandonato... Ispirata al racconto “Supertoys last all summer long” di Brian Aldiss, la pellicola avrebbe dovuto portare la firma di Stanley Kubrick. Alla morte del maestro, Steven Spielberg ha preso in carica l’onore e l’onere di portarla a termine. L’incontro tra gli stili narrativi dei due grandi registi ha prodotto un film sicuramente non banale ma di lettura non facilissima. Lontane dai sanguinari agenti di “Matrix”, più simili ai dolenti protagonisti di Blade Runner, le intelligenze artificiali di Spielberg si muovono in un mondo umano, che li ha creati a propria immagine e somiglianza ma che umani non li considera. David (bravissimo il suo interprete Haley Joel Osment), moderno Pinocchio, ripercorre lo stesso sentiero del suo antenato burattino inseguendo il sogno di una “reale” umanità. Una “fantascienza” che fa pensare...