Inghilterra, XIX secolo. Abbandonato in tenera età Oliver Twist sopravvive come può lavorando prima come spazzacamino, poi come apprendista per un impresario di pompe funebri. In seguito all’ennesima ingiustizia, Oliver fugge a Londra dove finisce per entrare a far parte di una banda di piccoli scippatori gestita dal sinistro signor Fagin. Grazie a una serie di coincidenze, viene accolto nella bella casa di un onesto libraio. Ma, Fagin continuerà a tormentarlo. Ennesima trasposizione cinematografica del romanzo scritto da Charles Dickens. E, insieme a quella realizzata nel 1948 da David Lean, senza dubbio la meglio riuscita. Roman Polanski, così come con “Il pianista”, pesca nei ricordi della propria infanzia (un’infanzia difficile per un bambino ebreo nella Polonia occupata dai nazisti) pur mantenendosi molto fedele all’originale. La fumosa e grigia Londra del 1800 è stata riscostruita negli studi di Praga e vive, splendida, nella fotografia di Pawel Edelman e nelle scenografie di Allan Starski (“Schindler’s list”). Il volto dell’orfanello protagonista di mille vicissitudini ha i tratti del bravo e giovanissimo Barney Clark. Magistrale l’interpretazione di Ben Kingsley che, nel ruolo del crudele Fagin fa a gara per bravura con l’Alec Guinness della versione di Lean.