Wyoming, estate del 1963. Ennis Del Mar, giovane mandriano, e Jack Twist, aspirante star dei rodeo, vengono ingaggiati per condurre un gregge di pecore ai pascoli estivi di Brokeback Mountain. I due non si erano mai visti prima, ma, complici i lunghi giorni di solitudine, tra loro nasce un legame che, ben presto, sfocia nella passione. Alla fine dell’estate si lasciano, quasi senza una parola, ognuno ritorna alla propria vita, Ennis sposa la fidanzata Alma e ha due figli. Jack incontra l’ereditiera Laureen e mette su famiglia. Ma il ricordo di Brokeback Mountain non li abbandonerà mai, portandoli a incontrarsi di nuovo e a rincorrere, per vent’anni, quell’amore che la società di allora non avrebbe mai potuto accettare. Osannato dalla critica e dal pubblico, il film di Ang Lee, ispirato al racconto di Annie Proulx, apparso sul settimanale “The New Yorker” nel 1997, ha scardinato un’infinità di luoghi comuni, facendo incetta di premi: Leone d’oro a Venezia, quattro Golden Globe (regia, miglior film, sceneggiatura e colonna sonora) e tre Oscar (regia, sceneggiatura e colonna sonora a fronte di ben otto nominations, tra cui miglior film). Ma, nonostante le apparenze, la pellicola poco ha a che fare con il genere western. Qui siamo negli anni del Vietnam, ben lontani dai tempi del “Far West”. Che i due protagonisti siano cowboys è solo casualità. Come lo stesso regista Ang Lee ha dichiarato, “Brokeback Mountain” non è altro che un “luogo dell’anima”, quell’angolo nascosto in cui, ognuno di noi, conserva ciò che gli è più caro. E in questo sta la forza del film.