Scritta nel 1952 da Vitaliano Brancati, la pièce suscitò polemiche e attacchi censori perché contraria alla pubblica morale. Brancati aveva concepito il testo per la moglie, Anna Proclemer, da allora più volte protagonista di questa “commedia”, che fa ancora molto discutere per la spietata critica sociale. La vicenda è imperniata sulla vita di Caterina Leher, governante francese assunta in una famiglia siciliana e borghese trapiantata a Roma. Leopoldo, il patriarca, ha sacrificato la vita di una figlia, morta suicida, per conservare i pregiudizi della sua morale. Caterina è calvinista e viene considerata da tutti un modello d’integrità. La donna vive segretamente la sua omosessualità, e con un senso di colpa cui si aggiunge quello per aver attribuito a una giovane cameriera dei Platania le sue stesse tendenze, causandone il licenziamento. Caterina si sente responsabile della morte della ragazza, coinvolta in un incidente mentre tornava al Sud: un peccato che la governante deciderà di espiare tragicamente. Utilizzando un registro parodico e satirico, che approderà nel dramma, Brancati descrive il clima oscurantista dell'Italia degli anni Cinquanta, dove “l'odio per la cultura ha un ufficio apposito, che una volta si chiamava, con ironia involontaria, Ministero della Cultura Popolare”. Lo spettacolo, prodotto nel 1978, ha la regia di Giorgio Albertazzi.